In tempi di vacche magre si cerca di racimolare denaro come e dove si può. L’Agenzia delle Entrate non fa eccezione: ecco dove e come batterà cassa.
Un servizio utilissimo ai contribuenti italiani, e tra i pochi rimasti a costo zero, lascerà il posto a una nuova versione a pagamento. L’annuncio è stato dato nelle scorse ore dall’Agenzia delle Entrate: evidentemente, sull’onda dei rincari generali, anche l’ente nazionale deputato alla riscossione dei tributi sente l’esigenza di fare (più cassa). Ed è subito polemica.
La novità riguarda le domande formulate all’Agenzia delle Entrate, in gergo “interpelli”, per chiarire dubbi interpretativi in materia di norme fiscali e avere delucidazioni in merito alla fattibilità di questa o quella operazione. La bozza di legge delega sulla riforma fiscale prevede un contributo a pagamento per tutti i quesiti sottoposti all’AdE. E non sono certo pochi: nel corso del 2022 ne sono pervenuti quasi 18mila.
Il cambio di rotta dell’Agenzia delle Entrate
I dubbi fiscali sono all’ordine del giorno nel nostro paese, data la complessità delle norme in materia. Proprio per questo i contribuenti hanno a disposizione diversi strumenti per premunirsi da eventuali sanzioni ed evitare lunghi e costosi ricorsi in tribunale, a partire proprio dagli interpelli. Come accennato, la novità è contenuta nell’articolo 4 della bozza di legge delega sulla riforma fiscale e non è ancora chiaro se finirà effettivamente nella versione finale del documento. Nel caso fosse approvata in via definitiva, quando il Consiglio dei ministri si riunirà la prossima settimana, scatterà il “contributo a pagamento” per chiunque chieda delucidazioni tecniche all’Agenzia.
L’importo del contributo in questione dovrebbe variare in base a due fattori: la tipologia del contribuente e la tipologia della domanda. L’obiettivo dell’Agenzia è disincentivare l’abuso che talvolta si è fatto degli interpelli, e utilizzare i nuovi proventi per finanziare la formazione professionale dei suoi dipendenti. Non è tutto: i termini per fornire la risposta – attualmente fissati in 90 o 120 giorni in base al tipo di interpello – saranno sospesi nel mese di agosto e si darà la preferenza a FAQ e Chat box per risolvere i dubbi dei cittadini.
Il Governo Meloni starebbe infatti pensando di limitare la possibilità di presentare interpelli al Fisco ai casi in cui non è possibile richiedere risposte tramite i servizi di assistenza rapida. E saranno giudicati inammissibili gli interpelli riguardino questioni su cui l’Agenzia si è già pronunciata in modo ampio ed esaustivo. Resta però da vedere se le novità prospettate dall’Esecutivo saranno compatibili con l’articolo 11 della legge n. 212 del 2000, che tutela proprio il diritto dei contribuenti all’interpello. E se le proteste che nel frattempo si sono da più parti sollevate non indurranno a un rapido cambiamento di rotta.