Una scoperta che potrebbe rivoluzionare il mondo della medicina e arginare la seconda neoplasia più letale. Grazie al lavoro dei ricercatori italiani
Il nostro organismo è una rete. Ogni organo è collegato all’altro. Per questo le ricerche degli scienziati ci concentrano per migliorare la vita di tutti noi, soprattutto per quanto concerne patologie gravi come i tumori. Una delle ultime scoperte è davvero molto importante e potrà cambiare davvero la storia della medicina. Si potrà prevedere una delle neoplasie più aggressive con un semplice esame.
Proprio in questo concetto di rete, studi recenti, dimostrano che il virus SarsCoV2 non colpisce solo le vie respiratorie ma dilaga in tutto l’organismo, lasciando tracce che in alcuni casi possono persistere per più di 200 giorni. Lo dimostrano i risultati delle autopsie di 44 pazienti non vaccinati che avevano contratto il Covid durante il primo anno di pandemia, tra aprile 2020 e marzo 2021.
Sono interessati non solo i polmoni, ma anche cuore, milza, reni, fegato, colon, muscoli, nervi, apparato riproduttivo, occhi e cervello. I polmoni mostrano i segni più evidenti di infiammazione e danneggiamento, mentre il cervello e gli altri organi non sembrano subire cambiamenti significativi nonostante l’alta carica virale.
Per chi è malato di tumore, contrarre il Covid, quindi, può essere qualcosa di letale nell’immediatezza, causando la morte. Ma può lasciare strascichi importanti. Soprattutto per patologie molto gravi come il tumore al fegato. Stiamo parlando di una delle neoplasie più aggressive, con scarse possibilità di cura ed elevata mortalità. Fin qui non esiste un trattamento farmacologico sufficientemente efficace per contrastare il carcinoma epatico in fase avanzata. Per questo, la comunità scientifica è alla ricerca di nuove strategie terapeutiche. E la scoperta di cui vi parliamo oggi potrebbe cambiare le sorti di milioni di persone.
L’epatocarcinoma è al 2/o posto tra le cause di morte correlate a tumori ed è caratterizzato da un tasso netto di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi basso, dell’ordine del 20% circa. Una patologia che spesso non lascia scampo anche a chi ha risorse e mezzi per curarsi. Solo per fare un esempio, il grande cantante David Bowie è morto per un tumore al fegato.
Si tratta di un tumore così aggressivo che molti Paesi nel mondo stanno investendo molto anche sulla prevenzione. Come sappiamo, la comparsa di un tumore al fegato non è direttamente collegata all’abuso di alcolici. Ma di certo questo può favorirla. E così, tanto per fare un esempio, l’Irlanda ha deciso di adottare un’etichetta per vino, birra e liquori con avvertenze come “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” e “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”.
Come sempre, vi consigliamo di consumare alcolici con grande attenzione e oculatezza. Ma di certo oggi, tutti noi possiamo guardare al futuro con un pizzico di ottimismo in più. Tutto questo grazie a uno studio realizzato da ricercatori italiani dell’Università Aldo Moro di Bari e sostenuto da Fondazione AIRC. Grazie al lavoro dei ricercatori, sarebbe emerso che, analizzando i livelli del colesterolo “buono” presenti nel nostro sangue, sia possibile calcolare il rischio di sviluppare un tumore al fegato.
E questo, addirittura, ben cinque anni prima che questo si manifesti in tutta la sua gravità. Quindi, chi ha il fegato grasso e colesterolo “buono” basso associato a un peso crescente, ha un rischio più alto di sviluppare questo terribile male nei cinque anni successivi.
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