Da anni si dice che serva un intervento nel settore delle tlc che in Italia continua a bruciare risorse e mettere a rischio gli investimenti
Sono giorni delicatissimi per la più importante compagnia di telecomunicazioni presente in Italia. Il dossier Tim è infatti sul tavolo del governo che sta operando un giro di consultazioni, con i sindacati, soprattutto, quando mancano pochi giorni alla data entro la quale Cdp dovrebbe presentare un’offerta non vincolante per la rete.
Al centro degli incontri voluti dal presidente del consiglio Giorgia Meloni, il futuro dell’azienda e gli sviluppi finanziari per arrivare all’infrastruttura unica. Una cosa è certa: l’obiettivo sia del governo Meloni che, in precedenza, di quello Draghi è arrivare a una infrastruttura, strategica come la rete in fibra, in mano pubblica.
Per le telecomunicazioni “le infrastrutture strategiche devono essere sotto il controllo pubblico”, ha detto Meloni, ai sindacati a Palazzo Chigi lo scorso 9 novembre riferendosi proprio a Tim. “Nessuno tra vecchio e nuovo governo sta dicendo qualcosa di diverso dal fatto che la rete unica è importante, poi ci sono alcuni che suggeriscono un modello per realizzarla e altri uno diverso.
Ad oggi non c’è una divergenza sul risultato finale ma un contraddittorio su come arrivarci”, ha osservato l’ad di Tim, Pietro Labriola, pochi giorni fa. “Quello che dobbiamo mettere sempre al centro – ha aggiunto – è il futuro della società stiamo navigando in un contesto complesso, voglio ringraziare i 42mila colleghi che da 10 anni lavorano con riduzione di orario e stipendio”.
Del resto, da anni si dice che serva un intervento di politica industriale nel settore delle tlc. In Italia si continua ad avere delle performance differenti rispetto al resto d’Europa. Bruciando così risorse e mettendo a rischio gli investimenti.
Il 30 novembre si capirà se l’opzione di integrare la rete di Tim in quella di Open Fiber – di cui la Cdp detiene il 60% – ha ancora qualche chance. Al momento l’accordo appare difficile. Vivendi che è l’azionista principale di Tim con il 23,7% del capitale avrebbe chiesto oltre 30 miliardi per la rete. Una valutazione giudicata esagerata da Cdp. Ma proprio mentre il futuro è incerto, da Tim arriva una decisione clamorosa.
Clamorosa, ma non nuova, dato che, proprio in questi mesi, a operarla è stata un’altra azienda delle telecomunicazioni come Iliad. E così, Tim spegnerà alcuni dei suoi ripetitori sparsi per il paese, quando il traffico della rete sarà basso.In modo tale da fronteggiare il caro energia che da mesi ormai colpisce tutti.
Una sperimentazione che, in realtà, sarebbe già partita da alcuni mesi in due regioni italiane. Ma l’obiettivo è quello di mettere tutto a pieno regime nell’ormai prossimo 2023. Andando a risparmiare e ottenere efficacia soprattutto di notte, quando il traffico dei dati mobile e delle telecomunicazioni tipicamente scende.
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