Un programma di screening con misurazione dell’emoglobina glicata sugli adulti tra i 40 e i 70 anni potrebbe portare a 250mila diagnosi precoci
Il diabete è una malattia che affligge milioni di persone in tutto il mondo. E che ne condiziona la vita, portando numerosi disagi e comportando enormi rinunce. Fortunatamente, però, la scienza continua a lavorare e questa nuova scoperta potrebbe cambiare la vita di molti.
Realizzare un programma di screening con misurazione dell’emoglobina glicata su tutti gli adulti tra i 40 e i 70 anni potrebbe portare a 250mila nuove diagnosi precoci di Diabete nel Regno Unito. Anticipando di più di 2 anni la diagnosi rispetto all’età in cui oggi si scopre comunemente di essere malati. È quanto emerge da uno studio condotto dall’Università di Exeter e pubblicato su Diabetologia.
Per indagare l’impatto dello screening tra gli adulti, i ricercatori hanno preso in esame i dati di quasi 180mila persone (40-70 anni), conservati in una biobanca britannica, a cui hanno misurato l’emoglobina glicata al momento dell’arruolamento. Tra loro, 13.077 (il 7,3%) avevano già ricevuto una diagnosi di Diabete. Ma una ulteriore quota di 1.703 persone (l’1% del restante campione) era diabetico senza saperlo, cioè aveva livelli alterati di emoglobina glicata ma non aveva mai ricevuto una diagnosi. Utilizzando questi dati, i ricercatori hanno stimato che ci siano, nel Regno Unito, fino a 250.000 adulti tra i 40 e i 70 anni malati di Diabete senza saperlo. E che, tramite la misurazione dell’emoglobina glicata, potrebbero ricevere una diagnosi.
Lo studio ha permesso anche di stimare il vantaggio temporale di questo screening. Si potrebbe ricevere una diagnosi di Diabete con almeno 2,2 anni di anticipo. Le iniziative di screening del Diabete potrebbero essere più importanti che mai per prevenire i ritardi nella diagnosi del Diabete. Con chiari benefici sulla salute dei pazienti.
La ricerca, quindi, continua ad andare avanti. E siamo lieti di poter condividere con voi notizie del genere. Negli Stati Uniti è stato infatti approvato un nuovo tipo di terapia che potrebbe ritardare fino a tre anni nei bambini a rischio l’esordio del diabete di tipo 1. Si tratta della forma autoimmune in cui il sistema immunitario danneggia la porzione di pancreas che produce l’insulina.
Il trattamento, chiamato teplizumab, agisce bloccando parzialmente l’attacco del sistema immunitario alle cellule del pancreas. Si ritiene che sia il primo a posticipare l’inizio di una condizione autoimmune. Ritardare l’insorgenza del diabete di tipo 1 dovrebbe rendere più facile per i bambini affrontare la condizione e ridurre le complicanze.
Poiché l’attacco immunitario che porta al diabete 1 dura diversi anni, nel momento in cui si sospetta che un bambino sia a rischio, può essere monitorato con esami del sangue per verificare la presenza di anticorpi contro il pancreas. Teplizumab, prodotto dall’azienda Proventionbio nel New Jersey, ha ricevuto l’approvazione per l’uso dagli 8 anni in persone che presentano questi anticorpi ma non hanno ancora la malattia. Si ritiene che il farmaco agisca riducendo l’attività delle cellule immunitarie coinvolte nell’uccisione delle cellule del pancreas.
La somministrazione avviene in ospedale una volta al giorno per due settimane. Uno studio in corso su 76 persone è stato alla base dell’approvazione statunitense. Teplizumab viene somministrato a persone di età compresa tra gli 8 e i 49 anni che non hanno il diabete di tipo 1, ma hanno un parente con la malattia e presentano gli anticorpi incriminati nel sangue. Tra i partecipanti che finora hanno sviluppato il diabete, teplizumab ha ritardato l’insorgenza della condizione di quasi 3 anni, rispetto a coloro che hanno ricevuto placebo.
Finora, la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha approvato teplizumab solo per ritardare l’esordio del diabete. Teplizumab è in fase di revisione da parte delle autorità di regolamentazione dei farmaci nel Regno Unito e nell’Unione Europea.
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