Con la bagarre politica che impazza su questo tema così divisivo, adesso arriva anche una sentenza della Cassazione.
E’ il provvedimento su cui i partiti si sono maggiormente scontrati in campagna elettorale. Il Reddito di cittadinanza potrebbe subire cambiamenti davvero radicali. E milioni di italiani ne sarebbero esclusi. Ecco cosa sta per accadere.
E’ il provvedimento divisivo per eccellenza. Il Movimento 5 Stelle continua a difenderlo come strumento fondamentale per aiutare chi è in difficoltà economica. Dall’altra parte, il centrodestra lo considera assistenzialismo puro. E in campagna elettorale ha promesso di cancellarlo. Ora Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni sono alla prova del nove.
Tra i primi provvedimenti, quindi, che il nuovo Parlamento dovrà esaminare figura il decreto Aiuti ter, licenziato dal governo Draghi, e il possibile nuovo decreto per l’invio di armi all’Ucraina. Sempre ‘ereditata’ dalla vecchia legislatura, la nuova dovrà affrontare la questione delle pensioni, con la riforma Quota 100 varata dal primo governo Conte che scade a fine dicembre. Anche il Reddito di cittadinanza potrebbe interessare la nuova legislatura, con una revisione della misura (se non la sua cancellazione), come preannunciato dal centrodestra durante la campagna elettorale.
E secondo quanto trapela da fonti vicine a Fratelli d’Italia, sarebbero in arrivo novità veramente importanti sul Reddito di cittadinanza. Ma è una sentenza, adesso, che spariglia le carte. Con milioni di italiani pronti a perderlo. Ecco cosa potrebbe accadere.
Per chi ha figli in età da lavoro, quindi, vi sarà lo stop al sussidio. E’ una sentenza della Cassazione ad aprire questo scenario, seppur senza mai menzionare il Reddito di cittadinanza. Il protagonista è un uomo del Sud che, a distanza di 7 anni dalla separazione continuava a sostenere la figlia quasi trentenne, divenuta a sua volta madre ma ancora residente nella casa familiare con la sua ex moglie.
Ebbene, stando a quanto sancito dalla Cassazione, “le considerazioni di ordine sociologico, a proposito delle condizioni nel mercato del lavoro del meridione d’Italia, non ottengono di motivare la persistenza di un obbligo di mantenimento da parte del genitore sottoposto ad amministrazione di sostegno per disabilità”.
Per gli Ermellini, quindi, il figlio di genitori divorziati, “che abbia ampiamente superato la maggiore età, e non abbia reperito una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l’esigenza a una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l’attuazione mera dell’obbligo di mantenimento del genitore, quasi che questo sia destinato ad andare avanti per sempre”.
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